
Strano ma vero. Sprechiamo sempre più cibo e non perché non gli diamo il giusto valore semplicemente perché siamo più poveri. Un piccolo ma significativo passo indietro, fotografato dal rapporto “Il caso Italia” dell’Osservatorio Waste Watcher International.
di Stefania Antonetti
Lo spreco alimentare in Italia vale oltre 13 miliardi di euro con una buona fetta – ossia quattro milioni di euro – di perdite lungo la filiera distributiva. Che tradotto vuol dire: “290 euro a famiglia finiscono letteralmente nel cestino della spazzatura”. Un quadro preoccupante quello che emerge dal Rapporto “Il caso Italia” dell’Osservatorio Waste Watcher International che ha presentato i dati relativi all’utilizzo delle risorse alimentari nel nostro Paese in base a un monitoraggio svolto da Ipsoa ed Università di Bologna.
PIÙ POVERI E PIÙ SPRECONI
“Da poveri mangiamo e stiamo peggio e riusciamo a sprecare anche di più”. Un circolo vizioso che si proietta poi sull’ambiente. Nonostante, infatti, l’aumento dei prezzi dei beni di consumo, il rincaro delle bollette e delle rate dei mutui nonché gli stipendi fermi, si stima che nel 2024 gli italiani potrebbero gettare nei cassonetti l’8% di cibo in più rispetto all’anno precedente. Dati allarmanti fotografati e presentati lo scorso 5 febbraio in occasione dell’11esima Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, l’iniziativa nazionale, promossa dalla campagna Spreco Zero di Last Minute Market con il patrocinio dei Ministeri dell’Ambiente e degli Affari Esteri e dell’Associazione dei Comuni Italiani (ANCI).
UN NUOVO ALLARME SOCIALE
Per risparmiare, i cittadini a reddito medio-basso, che rappresentano la maggioranza della popolazione, mangiano peggio e badano meno alla qualità dei prodotti. Un consumatore su due a basso potere di acquisto cerca infatti frutta, verdura, pane e cibi pronti a ridosso della scadenza o più deperibili perché costano meno anche se poi rischiano di finire nel sacchetto dell’umido. Navigando tra gli effetti prolungati dell’inflazione e l’incertezza globale dovuta soprattutto alle due guerre in corso, ogni abitante della Penisola “sciupa” quotidianamente 80,9 grammi di derrate, ovvero 42,2 in più rispetto al 2023, per un valore complessivo di oltre 13 miliardi di euro, dei quali 7,5 dentro le proprie mura domestiche.
SPRECO DI CIBO
In testa troviamo la frutta fresca, seguono cipolle, aglio e tuberi; ma anche il pane fresco, le insalate e le verdure. Il cestino della spazzatura rischia inoltre di essere più pieno al Sud, dove si spreca il 4% in più rispetto alla media nazionale mentre gli sprechi sono in linea al Centro Italia e al Nord. Il più virtuoso è sicuramente il ceto medio (-11%), mentre spreca di più il ceto medio basso (+7%) e il ceto popolare (+17%). “Abbiamo notato come lo spreco aumenta col calare del livello di reddito anche se non è una questione puramente economica – rileva il direttore scientifico Waste Watcher, Andrea Segrè – perché esiste una stretta connessione fra inflazione e insicurezza globale da un lato e ricaduta sociale dall’altro, fra potere d’acquisto in diminuzione costante e conseguenti scelte dei consumatori che non vanno purtroppo in direzione della salute dell’ambiente, ma nemmeno di quella personale”.
DATI ELOQUENTI
Perde inoltre terreno il cibo biologico, spesso troppo costoso per un ridotto potere d’acquisto (7%) e perdono terreno le grandi marche (11%). Contemporaneamente 1 consumatore su 2 (49%) dichiara di potenziare l’acquisto di cibo online, oltre 1 consumatore su 3 (39%) si butta sugli alimenti in promozione, e oltre 1 consumatore su 3 decide di autoprodurre il cibo (38%). Inoltre, si compra sempre più cibo a ridosso di scadenza (32%) e nei discount (32%).
Photo: ©depositphotos.com
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