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LA CURVA DELLA FELICITÀ


Si comincia bene, poi si peggiora. Alla fine, ci si riprende e con i 70/80 anni si torna a essere felici. Il benessere psicologico cambia dunque con gli anni e segue un andamento a “U”. È la curva della felicità che tocca i picchi più alti a 20 anni e durante la vecchiaia



di Stefania Antonetti



La felicità? Uno stato mentale! Nulla di più vero. Quando e come raggiungerla però lo spiega la scienza. Perché la felicità sembra essere strettamente legata all’età. Occorre infatti, fare una riflessione attenta proprio sul fattore età, fattore, che oltre a quelli esterni, è in grado di influenzare la nostra soddisfazione esistenziale e la serenità del momento.



Età e felicità: c’è correlazione


Se potessimo scegliere un’età per il resto della nostra vita, quale sarebbe? A quale momento torneremmo senza batter ciglio? Quale vorremmo vivere di nuovo? Per rispondere, basta partire da uno studio recente che svela l’età della felicità. Anni dove la maggior parte delle persone vorrebbero fermare il tempo. I ricercatori dell’Università di Melbourne e di Warwick hanno portato alla luce risultati che confermano la tesi che tra età e felicità esiste davvero una correlazione.



La teoria della felicità


Gli studiosi hanno analizzato i risultati di un sondaggio svolto su un campione di 1,3 milioni di persone, provenienti da 52 paesi diversi. La conclusione ha portato al concretizzarsi della teoria della “Curva della Felicità”. È vero sì, che la felicità è uno stato mentale, ma è altrettanto vero, che può essere influenzata dalla nostra età anagrafica, semplicemente in relazione ad aspettative, responsabilità e tempo per sé stessi.



Cos’è la “U” della felicità?


Le risposte emerse dalla ricerca hanno dato vita al grafico o meglio alla “Curva della Felicità” dove inizio e fine della “U”, ossia le fasi iniziali e finali della vita, sono caratterizzate dai momenti “più alti” di emozioni positive, mentre il centro è la parte meno gioiosa, dove l’individuo ha più preoccupazioni. Verso la fine della vita inizia invece la fase della “rinascita” dove si è più sereni. “Ci teniamo a sottolineare – spiegano i ricercatori - che un indice minimo di felicità, non è associabile alla depressione, ma semplicemente ad un livello più basso di serenità e spensieratezza”.



L’età di mezzo


Coincide con quella delle tante responsabilità, preoccupazioni legate alla famiglia, al lavoro, alla salute e alla carriera. Un periodo dove si ha tanta voglia di realizzarsi, ma il peso degli obblighi e dei timori è molto alto. L’uomo inizia ad essere disilluso e quindi meno felice. Gli anni tra i quaranta e i cinquanta sono caratterizzati dai “bilanci” con i quali l’individuo si chiede a che punto è arrivato e se ciò che ha ottenuto è davvero quello che sperava. Segue la fase “di stallo” compresa tra i cinquanta e i sessant’anni dove le occasioni perse si fanno meno pressanti e inizia la fase della rinascita.



Una felicità universalmente riconosciuta


“Non è una stranezza - sostengono i ricercatori -. La “U” si riscontra in ogni latitudine e longitudine. Perfino in altre specie, come le scimmie”. Una dinamica che comprende il grado di soddisfazione e di felicità e di una valutazione relativa. Il che vuol dire che i livelli bassi toccati a 45 e 50 anni non indicano “infelicità”, ma solo una “minore felicità” rispetto agli anni ruggenti dell’adolescenza e alle quiete ore della vecchiaia”.



A CHE ETÀ ARRIVA LA FELICITÀ?


La scienza conferma: “la felicità è strettamente collegata all’età”. Ma qual è il momento in cui ci sentiamo più carichi ed emozionali? E come cambia la “Curva della Felicità”? E le fasce di età più felici quali sono?

Partiamo da:


Anni 0 – 30 > È l’età dell’infanzia, dell’adolescenza, dell’università e delle aspettative per il futuro. Un momento storico in cui la felicità dipende dalla ricerca di nuovi stimoli e contatti sociali. Quasi nessuna responsabilità, ma solo tante aspettative, speranze per il futuro, sogni da realizzare, serate con gli amici e momenti di gioia e serenità.


Anni 30 – 40 > La serenità comincia a vacillare perché bisogna fare i conti con la realtà. Arrivano le prime delusioni, i primi momenti difficili e responsabilità mai avute prima. Il livello di entusiasmo è ancora alto, così come la spinta all’auto-realizzazione, ma il peso degli obblighi si fa sentire. La posizione lavorativa ad esempio diventa più chiara, così come le illusioni che iniziano a venir meno.


Anni 40 – 50 > È il momento di tirare le somme. Domande come: “ho veramente realizzato ciò che volevo fare? Sto seguendo i miei sogni? Sono davvero soddisfatto?”, sono tipiche di questa età. Quesiti esistenziali che portano inesorabilmente a un declino della spensieratezza. Domina la sensazione che i giochi siano fatti e scatta il confronto tra ciò che si ha e ciò che si sperava di avere.

Anni 50 – 60 > Inizia la fase della rinascita. C’è reale consapevolezza di noi stessi, di ciò che siamo e soprattutto di ciò che non siamo in grado di fare. Torna la voglia di vivere ogni momento. Il pensiero per le occasioni mancate si fa meno pressante, si accetta la vita per quel che è, con i suoi lati positivi e negativi. E torna la serenità.


Anni 60 – 70 > Addio al lavoro. I figli sono cresciuti, le responsabilità sono diminuite. Le giornate tornano ad essere spensierate come in gioventù. Aumentano sicurezza e autorevolezza. Ci si sente liberi di coltivare interessi e hobby, si fanno passeggiate, si torna a viaggiare e a uscire con gli amici. E la curva torna inevitabilmente a salire.

 

Foto © Depositphotos.com

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