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Quando il capo diventa tossico!




Concentrato più sui risultati che sui processi. Egoista, arrogante, che sfrutta i dipendenti soggiogandoli a suon di minacce. È il leader tossico che usa la paura come arma per far perseguire ai propri dipendenti gli obiettivi dell’azienda. Ma come riconoscerlo e affrontarlo?


di Stefania Antonetti


Un ambiente lavorativo caratterizzato da un leader democratico capace di coinvolgere al meglio i propri collaboratori crea inevitabilmente un clima positivo e favorisce la produttività e l’efficienza lavorativa. Ma quando il sottile confine tra l’uso positivo del potere e l’abuso di potere da parte di un leader viene oltrepassato, allora si parla di: “sfruttamento tossico” posto in essere da un “capo tossico”.



COS’È LA LEADERSHIP TOSSICA?


Non è solo una definizione da manuale ma un vero e proprio stile gestionale riscontrabile nella routine lavorativa. Troppo spesso i capi assumono infatti atteggiamenti disfunzionali basati su arroganza, non curanza del benessere dei sottoposti, presunzione e accanimento. E un leader che agisce in modo tossico può avere un impatto devastante sulla vita dei dipendenti, influenzandone negativamente sia la sfera lavorativa che quella personale con ripercussioni sulla salute fisica e mentale.



COME RICONOSCERLO


A livello generale un leader tossico manifesta autorità indiscutibile e incapacità di coinvolgere i propri lavoratori, imponendo azioni, scelte e processi, senza curarsi minimamente della salute e dei bisogni altrui. È spesso: arrogante; governa con la paura; non sa ascoltare e né comunicare; si crea dei nemici; è inflessibile e maniaco del controllo; chiede lealtà incondizionata; rifiuta qualsiasi iniziativa; non è capace di gestire i conflitti e il tempo, ignorando i bisogni dei lavoratori. Studi recenti hanno dimostrato che si tratta di una tipologia di personalità nociva per l’intera azienda. I dipendenti, spesso frustrati potrebbero cogliere l’occasione per chiedere di essere trasferiti o addirittura decidere di abbandonare l’azienda.



COSA FARE?


Prima che si ripercuota sulla salute fisica e mentale è consigliabile comprendere le esigenze e le frustrazioni lavorative del capo tossico e trovare con lui un punto d’accordo. Potrebbe aiutare: lavorare in modo impeccabile, concentrarsi sulle soluzioni e non sui problemi, essere razionali ed obiettivi, mantenere la calma, prestare attenzione, sorridere e rispondere in modo cordiale. Qualora tutto ciò non bastasse: “è spesso consigliabile mettere al corrente i dirigenti senior e le risorse umane che devono adottare le misure necessarie per individuare la soluzione atta a contenere tali soggetti - spiegano gli psicologi. Ciò risparmierà all’azienda danni davvero gravi”.



COSA SI RISCHIA?


Secondo quanto riportato da CoachHub, pioniera del digital coaching e tra le più grandi realtà d’Europa specializzate nel coaching digitale: “il management tossico comporta numerosi rischi psicosociali: stress sul lavoro e assenteismo sono i più comuni ma le conseguenze vanno ben oltre. Essi includono: il Burn-out: ovvero uno sfinimento che si traduce in un intenso affaticamento, in sensazioni negative sul lavoro e perdita di efficienza; il Bore-out, ossia la noia e la perdita del senso professionale; il calo di tensione, quindi demotivazione e disimpegno lavorativi e la Sindrome di Stoccolma, ossia il forte attaccamento al leader tossico che genera ostilità da parte dei dipendenti nei confronti della gerarchia qualora il modello di management cambiasse.


 

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