“E dai non piangere! E invece piangi pure perché fa bene”
- Stefania Antonetti
- 31 ott
- Tempo di lettura: 3 min

Si ribalta la prospettiva secondo la quale occorre smettere di silenziare le emozioni a favore delle lacrime. Piangere può essere una strategia molto utile alla nostra salute fisica e mentale. Uno strumento attraverso il quale si impara a comunicare. A dirlo è la scienza.
di Stefania Antonetti
È l’atto primo di un bambino. Uno dei gesti più naturali e istintivi che ci sia. Un interprete importante dell’espressività emotiva, spesso necessario per il nostro equilibrio, senza il quale si rischia di rimanere arrabbiati, impotenti, bloccati e ingessati. E non di rado anche malati fisicamente.
Lasciamo che le lacrime scorrano libere
Quando si cresce, però, si disimpara a farlo. Nella nostra società, infatti, c’è difficoltà a riconoscere e ad accettare certe emozioni, soprattutto quelle negative: fin da piccoli, le persone vengono abituate a reprimere sentimenti come rabbia, dolore e paura. Il risultato? Tanti, troppi, non riescono più a piangere liberamente. E questo paradossalmente diventa un problema: il pianto, infatti, a differenza di quanto ci viene inculcato dall’esterno non è un segno di debolezza ma di forza in grado di apportare benefici psicologici e fisici.
Andiamo con ordine
Piangere è considerato culturalmente inappropriato e non conveniente. In una società iper-competitiva e super performante è indiscutibilmente un tabù. Generalmente si singhiozza di nascosto, ci si vergogna, si trattiene tutto fino al mal di testa. In alcuni casi invece piangere si è trasformato in un atto inflazionato. Commuoversi a favore di videocamere e webcamer sui social ha infatti generato una perdita del suo valore autentico. Occorre ricordare che le lacrime non sono solo acqua salata ma espressione di tensioni, ricordi, ansie e anche di parole mai dette.
Un potere immenso
Recenti studi indicano infatti che piangere influisce positivamente sull’asse intestino-cervello, il collegamento tra il sistema nervoso centrale e il microbioma intestinale, contribuendo a una migliore qualità di vita. Entrando nel merito a livello fisico si scopre che riduce i livelli di cortisolo; migliora il sistema immunitario; riduce la percezione del dolore, regola il battito cardiaco e migliora il riposo. Da un punto di vista psicologico permette di gestire emozioni intense; migliora il tono dell’umore; genera empatia, supporto e condivisione. Un’ottima strategia, dunque che può realmente calmare e aumentare i nostri livelli di benessere.
Prospettiva ribaltata
Tra scoperte scientifiche e nuove pratiche culturali, il pianto sta lentamente tornando a essere un gesto umano, potente, liberatorio che fa bene al corpo e alla mente. E a Tokyo c’è addirittura che insegna a farlo. Si chiama Hidefumi Yoshida, un ex insegnante giapponese, oggi conosciuto come “namida sensei”, che promuove il pianto regolare e le lacrime come una vera e propria pratica di benessere. Nel suo Tears and Travel Café di Tokyo organizza workshop settimanali in cui, con l’aiuto di film, immagini della natura e storie commoventi, invita a lasciarsi andare. “Un pianto liberatorio ha un effetto catartico, capace di alleggerire il carico emotivo e ridurre lo stress – spiega Yoshida -. L’ideale è lamentarsi, singhiozzare. Più forte piangi, meglio ti senti”.
Il successo delle “crying room”
Crolla lentamente il mito del self-control e il pianto diventa meno stigmatizzato sia ad Oriente che in Occidente. Risultato? Sempre più uomini, anche figure pubbliche, si mostrano vulnerabili senza vergogna. E per rispondere al bisogno di alleggerirsi di carichi interiori pesanti, si stanno diffondendo sempre di più delle crying room, veri e propri luoghi dedicati al pianto dove le persone possono abbandonarsi liberamente. In Asia, esistono addirittura i crying pub, locali dove la musica malinconica accompagna l’introspezione emotiva. Nel 2021, a Madrid, in Spagna, è stata lanciata La Llorería, una stanza del pianto in cui poter sfogarsi con persone che non giudicano ma sostengono.




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