Ogni due minuti una persona riceve una diagnosi e sono oltre 4 milioni gli italiani che rischiano di sviluppare la malattia, in particolare il tipo 2, il più frequente e in costante aumento. Per tutti la differenza possono farla un’alimentazione più attenta e un cambiamento nello stile di vita all’insegna del movimento e, in caso di terapia, un’autogestione puntuale e consapevole
Intervista a
Roberta Assaloni
• Dirigente Medico, SOS di Diabetologia, ASS2 Isontina, Udine
Stefano Nervo
• Presidente Diabete Italia www.diabeteitalia.it
di Luisa Castellini
Quali sono le diagnosi più frequenti?
R.A. Quelle di diabete di tipo 2, che interessa gli adulti, con un’incidenza maggiore dopo i 60 anni e nei soggetti in sovrappeso, obesi e sedentari. Spesso la diagnosi avviene durante i controlli dei valori del sangue, tra i quali spicca una glicemia molto alta. L’alterazione glicemica non dà subito sintomi per cui spesso solo dopo anni si iniziano ad accusare i sintomi ai quali i medici chiedono di prestare attenzione: sete accentuata, necessità di urinare spesso, astenia. Non ultimi i pazienti che ricevono la diagnosi a fronte di una lesione al piede o alla vista, segni già di complicanze in atto. In tutti i casi la diagnosi di diabete richiede due riscontri oggettivi: i valori glicemici, dell’emoglobina glicata o i sintomi.
Qual è l’esordio, invece, del diabete di tipo 1?
R.A. Si tratta di una patologia autoimmune, in cui si scatena una reazione immunitaria dell’organismo: questo significa che l’alimentazione non ha l’importanza che riveste nel diabete di tipo 2. La reazione autoimmune distrugge le cellule che producono l’insulina e quindi ci rendono privi di questa sostanza fondamentale per poter usare i carboidrati e quindi gli zuccheri della nostra dieta che sono il nostro carburante principale. Un adulto non può sopravvivere se non viene supplementato dall’esterno con insulina: è come se volessimo mettere la benzina nel serbatoio della macchina ma non c’è il beccuccio e quindi restiamo senza carburante. Il diabete di tipo 1 ha un esordio acuto perché l’assenza di insulina non è compatibile con la salute e neanche con la vita se non si interviene. La diagnosi viene spesso fatta durante un ricovero improvviso dovuto a una chetoacidosi: la persona deve essere idratata e curata con insulina e riportata a una sorta di normalità. Di solito poi emerge come nel periodo precedente si fossero verificati un aumento della sete o un calo di peso. Per cui è importante l’attenzione del genitore e del pediatra per intercettare quei segnali di malessere possibilmente prima del ricovero per chetoacidosi.
Quale ruolo gioca la partecipazione della persona?
S.N. Il diabete è una malattia nella quale l’autogestione del paziente è indispensabile: la persona deve sapere quando e come fare le misurazioni della glicemia, imparare a gestire la terapia, l’eventuale assunzione di altri farmaci ad esempio in caso di febbre, la conta dei carboidrati e, nel caso del diabete di tipo 1, è essenziale autoregolare l’insulina.
È vero che la maggior parte dei casi di diabete di tipo 2 si potrebbero evitare?
S.N. Sì con l’adozione di un corretto stile di vita. Per questo Diabete Italia è attivo su due fronti. Ci rivolgiamo a tutti i cittadini per informarli dei rischi del sovrappeso, dell’obesità, dell’essere sedentari, della necessità di cambiare stile di vita e fare controlli regolari. Allo stesso tempo siamo vicini alle persone che hanno già ricevuto una diagnosi per ricordare l’importanza di un corretto stile di vita in ausilio alle terapie. Sosteniamo la ricerca e siamo a disposizione: spesso hanno bisogno di sostegno, informazioni e consulti pratici. Con il lockdown il numero delle diagnosi di diabete di tipo 1 è crollato tra i minori. Abbiamo quindi cercato di avvicinarci ai cittadini e abbiamo attivato il numero verde 800 170019 al quale si sono rivolte così tante persone da decidere di mantenerlo attivo anche oltre, insieme a Facebook e agli altri canali social.
Quali sono le problematiche segnalate più spesso?
S.N. La diagnosi arriva dal medico di famiglia o dallo specialista: i PDTA sono perfetti sulla carta ma in concreto spesso il paziente ha bisogno di più supporto per orientarsi e accedere ai servizi o capire come funziona l’assistenza a livello interregionale. Le persone cercano consigli sulla dieta, sulle misurazioni, sui farmaci: spesso quando si riceve la diagnosi la sera si arriva a casa e non si sa per giorni esattamente se e cosa mangiare. Il problema dell’aderenza alla terapia inizia prima con l’educazione della persona che non va lasciata sola o solo col medico proprio perché è necessario un trattamento multidisciplinare che comprenda anche altre figure come lo psicologo. Inoltre molto spesso si tratta di educare anche i caregiver nel caso degli anziani o di chi -nella famiglia- cucina.
Quale è stata l’evoluzione delle terapie?
R.A. Negli ultimi vent’anni c’è stato un grande sviluppo di farmaci che rispondono in modo più preciso alle alterazioni di base che causano il diabete. Permettono di controllare le glicemie senza far correre il rischio di ipoglicemia, che mette a rischio il paziente e peggiora la sua qualità di vita. I farmaci offrono maggiori sicurezze dal punto di vista cardiovascolare con una diminuzione del rischio di mortalità e una modifica della qualità e dell’aspettativa di vita. Oggi abbiamo a disposizione due categorie di farmaci. Le incretine, disponibili in forma orale o iniettiva, correggono un difetto presente a livello dell’intestino nel paziente diabetico, per cui in risposta al pasto si riduce lo stimolo a produrre insulina da parte del pancreas. Le gliflozine, disponibili solo per l’assunzione orale, controllano le glicemie favorendo l’eliminazione dell’eccesso di zuccheri con le urine.
DIABETE E COVID-19
La maggior parte dei malati che hanno sviluppato un’infezione più severa da Covid-19 sono anziani, sovrappeso o obesi. Una persona che non ha un buon compenso glicemico è più esposta alle infezioni e alle complicanze. Da qui l’importanza di un’alimentazione corretta, una regolare attività fisica e anche del vaccino antinfluenzale, che è raccomandato attivamente alle persone con diabete insieme al rispetto di tutte le misure: mascherina, distanziamento e igiene delle mani.
14 NOVEMBRE GIORNATA MONDIALE
Il tema di quest’anno è l’assistenza: Nurses make the difference/Gli infermieri fanno la differenza.“Rispetto al contesto italiano, pensiamo sia importante valorizzare tutto il team di Diabetologia, che dovrebbe essere presente in modo omogeneo sul territorio” spiega Stefano Nervo, presidente di Diabete Italia. Il diabete richiede interdisciplinarità, ovvero la presenza di diverse figure professionali, e una grande autogestione da parte del paziente. L’edizione 2020 è tutta digitale:
Illustrazione © Depositphotos.com
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