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I cavalli del Cardinale


Un’antica fattura racconta i rimedi impiegati per curarli: dagli unguenti ai minerali una prima medicina veterinaria con molte sorprese Antonio Corvi

• Officina Farmaceutica Corvi Piacenza Il Cardinale era molto amante dei cavalli, di cui si era servito nei suoi numerosi viaggi. Una volta, in Spagna, grazie a un veloce destriero era sfuggito a un agguato di briganti che avevano assalito e ucciso la sua scorta. Pare che avessero agli zoccoli ferri d’argento e comunque erano trattati meglio dei suoi dipendenti, come risulta da un documento trovato nell’Archivio del Collegio. Si tratta di una fattura della farmacia Corvi indirizzata all’Eminentissimo Cardinal Alberoni (che) deve alli fratelli Corvi per li seguenti rimedi serviti per li cavalli e sono... Segue una lunga lista di forniture che iniziano il 5 giugno 1748 e terminano il 13 settembre 1749. Si tratta di composti già pronti per l’uso, con molte pomate ed elementi semplici. I veterinari non esistevano ancora e i medici dei cavalli erano i maniscalchi. A loro, infatti, è indirizzato Le parfait mareschal (Parigi, Emery, 1718) un volume di 900 pagine che girava in Europa tradotto in molte lingue. 189 capitoli corrispondenti ad altrettante malattie e cure. La patologia più temuta perché infettiva era la morve o cimurro dei cavalli che prendeva l’apparato bronco-polmonare ed era curata con il più energico espettorante disponibile, il tartaro emetico. Il testo lo consigliava anche come preventivo quando il cavallo era inappetente perché l’antimonio a base di questo sale agiva anche come purgante, guariva le piaghe e purificava il sangue. E proprio con questo rimedio inizia la nota del Cardinale, che si uniformava alla moda francese che cesserà solo alla fine del ’700 per la morte di diversi animali per intossicazione. 12 libbre di miele vergine erano acquistate per comporre boli per i rimedi più disgustosi. I cavalli erano poi trattati con formule di uso umano, soprattutto unguenti già pronti forse in una spezieria specializzata nella loro preparazione. L’unguento Egiziaco, il più usato, era composto da verderame, miele, aceto fortissimo e «serviva a nettare le ferite mondandole dalla carne morta e putredine». L’unguento difensivo con bolo armeno, sangue di drago, terra sigillata, olio rosato, cera, aceto bianco, si usava «sulle articolazioni contuse e altre parti, giova se applicato subito, calma il dolore e contiene i flussi». C’erano poi l’unguento rosato per sedare le infiammazioni, l’unguento populeon con gemme di pioppo arricchite da altre 10 specie vegetali per «conciliare il sonno e mitigare l’ardore delle febbri specie ungendone le tempie con olio rosato» mentre l’unguento citrino di Nicolò a base di trementina, cera e olio comune, era disinfettante e cicatrizzante. Seguono ancora l’unguento basilico e l’olio laurino per i dolori di ventre causati dal freddo, il mal di stomaco, di reni e dell’utero. Il problema sarà stato quello di interpretare le sofferenze dell’animale: forse i maniscalchi erano pratici a tal punto. Oltre a queste preparazioni, la nota contiene una quantità di specie vegetali da miscelare: fiori di cassia con zucchero, euforbio, genziana, liquerizia, nidi di rondine, mastice, incenso, cumino, sangue di drago, galle d’Istria, rose secche. Non mancavano i minerali: il sale prunello (nitrato di potassio) che si aggiungeva all’antimonio per la cura del cimurro, petrolio di Cipro, letargirio d’oro (piombo ossido), zolfo, precipitato rosso di mercurio e oripimento, usato mescolato alla calce come depilatorio. Viene il dubbio che i cavalli ricevessero anche un trattamento cosmetico e profumatorio. La fattura copre circa 15 mesi con 27 forniture: di ogni voce sono segnati prezzo e data di consegna. La cifra finale ammonta a lire 251 e soldi 17: 200 con sconto d’uso. Il personale interessamento del Cardinale è confermato dalla sua controfirma, un prezioso autografo per l’archivio dell’Officina Farmaceutica Corvi.

Il Cardinale Giulio Alberoni (1664-1752) nato da un’umile famiglia di Piacenza, fu uno dei più famosi principi della Chiesa. Giovane sacerdote al seguito del Duca di Vendôme fu rappresentante del Duca di Parma alla corte di Filippo V di Spagna diventandone ministro e consigliere. Risollevate le finanze della Spagna tentò di ampliarne il potere ma fu costretto a ritirarsi e a sfuggire da un processo a Roma: era accusato di aver turbato la pace in Europa, ma poi fu assolto. Dopo essere stato a lungo Legato in Romagna, rientrò nella natia Piacenza dove si impegnò nella costruzione del Collegio che porta il suo nome dotandolo di biblioteca e strumenti scientifici, tra cui un osservatorio astronomico, per istruire i più promettenti seminaristi. Qui studieranno molti futuri cardinali. Foto © Depositphotos.com

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